Cultura e Mistica

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«Per quanto tu percorra l’anima, mai ne troverai i confini, tanto profondo è il suo lògos» (Eraclito).

Questo nuovo Dipartimento è stato costituito dal Cardinale Gianfranco Ravasi all’interno del Pontificio Consiglio della Cultura. Il nome, un po’ insolito, vorrebbe esprimere l’impegno in un dialogo con l’uomo contemporaneo che non rifiuta il Trascendente, ma ne ha smarrito l’identità e, quindi, non è in grado di riconoscerlo e gli diviene sempre più uno “Sconosciuto”.

Il lavoro di questo ambito mira a capire come la mistica, lungi dall’essere un “privilegio” per pochi iniziati, possa rivolgersi all’uomo di oggi, come ha interpellato quello di ieri e lo interrogherà domani, proponendo ciò che Spinoza offre al termine della sua Etica: “beatitudo et salus”. Non si tratta della accidentale e consueta “felicità”, ma la sublime beatitudo, che fa esclamare a Fëdor Dostoevskij: “Un minuto intero di beatitudine! È forse poco per colmare tutta la vita di un uomo?”.  Non si fa riferimento alla altrettanto contingente “salute”, ma alla profonda ed essenziale salus, che è salvezza e salute insieme per ogni uomo.

La prima occasione di incontro e di approfondimento è stata offerta il 27 maggio 2013, presso il Teatro Argentina di Roma, sul tema “Il fallimento della perfezione”, argomenti condivisi da credenti e non credenti – ne hanno discusso il Card. Ravasi, Anna Finocchiaro, Nadia Fusini, Massimo Cacciari e Federico Rampini – dal momento che tutti aspiriamo a una vita realizzata e, contemporaneamente, facciamo esperienza di incompiutezza, di assenza, del limite e … del fallimento, in tanti settori del nostro vivere, senza mai, però, perdere la speranza. Così ci sussurra Emily Dickinson: «La "Speranza" è quella cosa piumata - che si viene a posare sull'anima - Canta melodie senza parole - e non smette - mai - E la senti - dolcissima - nel vento - E dura deve essere la tempesta - capace di intimidire il piccolo uccello che ha dato calore a tanti - Io l'ho sentito nel paese più gelido - e sui mari più alieni - Eppure mai, nemmeno allo stremo, ho chiesto una briciola - di me».