Nuove vie per il dialogo tra la Chiesa e il mondo delle scienze

S.Ecc. Mons. Józef Mirosław Życiński, Arcivescovo di Lublino

Una difficoltà seria per il dialogo tra la Chiesa e la Scienza è costituita dai lavori di autori quali Richard Dawkins, Daniel Denett e Carl Sagan. Essi in genere, introducono nei loro elaborati, che trattano di scienze naturali, argomenti filosofici permeati di riluttanza verso la religione. Come risultato, nelle pubblicazioni scientifiche riguardanti la teoria sull’evoluzione appare per es. la tesi di Dawkins che paragona il ruolo della religione ad un virus che semina distruzione nella cultura umana ed è di impedimento allo studio scientifico della natura.

       Come reazione a tali abusi interpretativi sorgono, in casi estremi, il rigetto della teoria evolutiva o perfino, il rigetto delle scienze in generale. Una reazione di tal genere è troppo semplicistica; sono noti ed apprezzati i lavori di certi autori come Francesco Ayala, John Haught e S. J. Gould, che collegano l’evoluzione antropologica con la tradizione giudeo-cristiana.

       Effettivamente rimane la domanda: quanto la critica della fede religiosa, che appare in alcuni elaborati di scienze naturali, sia espressione scientifica o esprima piuttosto ed esclusivamente le simpatie filosofiche degli autori?

       Le relazioni epistemologiche tra scienza e fede, escludono in modo definitivo la prima delle possibilità suggerite. Dopo la caduta dello scientismo è universalmente riconosciuto che nelle scienze naturali non bisogna ricercare la soluzione ai problemi teologici. Di conseguenza la responsabilità della generalizzazione, piena di semplificazioni, che Dawkins compie non è imputabile alla teoria evolutiva bensì alla filosofia dell’autore.

       Il generare conflitti artificiali tra scienza e fede non solo è infondato dal punto di vista del merito, ma risulta anche dannoso per la Chiesa. Osservando il processo evolutivo della conoscenza dobbiamo asserire che la condanna di Galileo ha danneggiato maggiormente la Chiesa, che non tutta la critica della religione elaborata dagli enciclopedisti dell’illuminismo francese. In prospettiva temporale, gli argomenti degli enciclopedisti appaiono naïv, al contrario, il processo a Galileo è continuamente presentato come prova del tentativo di delimitazione da parte della Chiesa, della autonomia scientifica. È questa un’accusa molto forte, infatti in tempi recenti un tentativo di limitare l’autonomia della scienza fu intrapresa dal comunismo che riteneva incompatibili con la visione marxista della realtà, sia i principi della cibernetica come pure l’interpretazione di Copenhagen della meccanica quantistica.  

       Attualmente i tentativi che pongono in questione la teoria evolutiva, come pure il propagarsi dell’intelligent design a livello di spiegazioni scientifiche, sono completamente estranei alla tradizione intellettuale del cattolicesimo. Il primo ditali tentativi è popolare nelle varie versioni dell’integrismo la cui genesi è da ricondurre prima di tutto all’ambiente protestante di Princeton, il secondo - è la conseguenza delle argomentazioni di William Paley da lui presentate agli inizi del XIX secolo nell’ambiente anglicano dell’Inghilterra. L’appoggio a queste tesi e la conflittualità con la scienza contemporanea, sono forieri di danni inimmaginabili alla Chiesa cattolica, ancor più gravi nel contesto della cultura contemporanea nella quale i pericoli principali restano il nichilismo etico, il relativismo e l’antintellettualismo. Il loro superamento richiede una collaborazione solidale del cristianesimo con le scienze naturali.

 

Aspetti etici delle scoperte scientifiche

       Lo sviluppo della scienza porta con sé molte problematiche particolari che richiedono un giudizio etico. Il prevalere della tecnologia sull’etica può portare ad una situazione definibile come “high-tech-cannibalism”. Essa è legata ad un giudizio etico liberale di fenomeni quali: la donazione, la fecondazione in vitto, le ricerche sul genoma umano e l’ingegneria genetica.

       Fino a 30 anni fa si riteneva la bioetica come una pseudoscienza e la si paragonava ad “un’erba infestante...con funzione decorativa pseudoscientifica”. Attualmente simili argomenti sono scomparsi, i temi bioetici sono accolti con interesse durante le conferenze scientifiche specialistiche, che affrontano ampiamente gli aspetti etici delle applicazioni tecnologiche.

       Nella ricerca di soluzioni a problemi così vari e importanti, bisogna quindi distinguere tra: scoperte scientifiche, applicazioni tecnologiche e giudizi etici, che sono il risultato dell’accoglienza di una particolare antropologia e assiologia. Una chiara definizione delle competenze conoscitive delle particolari discipline può facilitare questo compito. Al tempo stesso infatti, tale chiarezza crea la possibilità di far fronte alle sfide culturali della nostra epoca, che recano in sé il pericolo di facili fughe nell’antintellettualismo e nel pessimismo postmoderno.

 

Vincere la dittatura del relativismo

       Mentre Marshall McLuhan rifletteva sui fenomeni culturali che accadevano nel villaggio globale della modernità, molti autori contemporanei esprimono il timore, che ciò che caratterizza i cambiamenti culturali sia “l’asilo infantile globale” nel quale l’infantilismo, appunto, è stato portato agli estremi. Il bambino di per sé immaturo è, fra i consumatori, il più entusiasta, accontentandosi di gadgets! Ed è anche per questo motivo che il rifiuto dei modelli classici della razionalità sia diventato l’espressione più popolare dell’antiintellettualismo, del quale il relativismo e il nichilismo, appaiono essere i pericoli principali per la cultura moderna.

       Tutto ciò conduce a profondi cambiamenti sia di carattere antropologico come pure, in particolare, nella comprensione della missione culturale dell’uomo, nel suo rapporto con i valori elementari quali la verità e la responsabilità morale. Non di rado la rinuncia alla conoscenza della verità è trattata come una necessità culturale. Per questo anche, Emil Cioran postula di introdurre la finzione al posto della verità quando scrive: “ Viviamo finché vivono le nostre finzioni. Dobbiamo coltivare le illusioni o perire? André Glucksmann con amarezza presenta le conseguenze nichiliste di un tale atteggiamento, chiedendosi: ,,Violentare, perché no? L’epurazioni etniche, perché no? Il genocidio, perché no? Uccidere padre e madre, fratello e sorella, why not? Il suicidio della ragione socratica genera mostri”.

 

Le espressioni culturali di tale pratica come “eutanasia della ragione”

       Il rifiuto della verità cambia in modo essenziale l’orizzonte assiologico dell’uomo. La conseguenza della fuga nel mondo delle illusioni è la cosiddetta morte del senso, la morte della razionalità, la deframmentazione del soggetto umano.

       Fryderyk Schorlemmer esprime la nuova situazione dell’uomo postmoderno, quando scrive: “Non sappiamo le vie. Non conosciamo la meta. Di sicuro vi è solo, che nulla vi è di sicuro; tutto è indefinito e fallibile”. La conseguenza di una tale situazione è l’antintellettualismo, nel quale domina il pessimismo, la disperazione e l’impotenza. Questi fattori, secondo John Gray, sono sintomatici della cultura occidentale dopo l’11 settembre 2001.

       Il fattore principale, che reca in sé la speranza di un rimedio, rimane l’eredità culturale della tradizione giudeo-cristiana. Non è un caso che nei circoli culturali influenti che si richiamano a tale eredita,’ si sia sviluppata la scienza moderna il cui inizio simbolico è espresso dalla pubblicazione dei Principi di Newton. Bisogna ricercare i mezzi della vittoria sulla dittatura relativista, che è il pericolo culturale della modernità, nell’unità della riflessione cristiana e delle nuove scoperte scientifiche.

  

Il dialogo interdisciplinare

     Opponendosi alle facili fughe nell’irrazionalismo, Giovanni Paolo TI ha mostrato una visione della verità integrale sia nella Fides et ratio, come pure nella lettera a George Coyne, direttore dell’Osservatorio Astronomico Vaticano. Attualmente tale visione è fatta propria da molti scienziati, che riconoscono la complementarietà delle verità scientifiche e di fede. Fra i più famosi naturalisti troviamo John Barrow, Paul Davies, Michael Hodgson, John Polkinghorne, Francesco Ayala. Nei loro lavori troviamo l’armonizzazione unitaria di nuove teorie di scienze naturali con i commenti integrativi di carattere teologico e metafisico.

       I problemi affrontati riguardano la creazione ex nihilo, l’evoluzione del cosmo, i principi antropici, l’influsso delle scoperte della meccanica quantistica sui concetti classici di razionalità etc.

       Un’importante riposta all’appello di Giovanni Paolo II ad intraprendere ricerche interdisciplinari nell’ambito fede-scienza da parte delle istituzioni cattoliche, è stato il ciclo editoriale ispirato dalla Specola Vaticana e dal Centro di Teologia e di Scienze Naturali di Berkeley. Grazie alla collaborazione di scienziati rappresentanti di prestigiosi centri di ricerca da Oxford a Berkeley, hanno visto la luce in questa serie, 5 tomi monumentali riguardanti gli aspetti filosofici delle nuove scoperte scientifiche. Tali opere racchiudono lavori di valore negli ambiti della cosmologia quantistica e della fisica del caos, della biologia evolutiva e molecolare, della neurofisiologia e della teoria quantistica dei campi.

       Un’altra forma di dialogo interdisciplinare degna di nota è rappresentata dal progetto STOQ. Il nome deriva dall’espressione: Science, Theology and the Ontological Quest. Grazie al sostegno economico della Fondazione Templeton e agli sforzi organizzativi del cardinal Poupard, il progetto coinvolge 6 università pontificie romane - la Gregoriana, il Laterano, l’universita’ di S. Croce, Regina Apostolorum, l’Università Salesiana e 1’ Università S. Tommaso. Nei loro programmi di studio, con un forte accento, si tiene conto delle ultime scoperte delle scienze naturali e delle ricerche interdisciplinari, che rendano possibile il sorgere di una visione del mondo unitaria, in cui le verità scientifiche e quelle di fede si completino a vicenda. In questa prospettiva i programmi di ricerca intrapresi facilitano il dialogo scambievole tra filosofia e scienza5 e contribuiscono a formare una mentalità nuova, nella quale al posto degli antichi conflitti si fa strada il bisogno di lavori scientifici complementari. Accanto a questo, le conferenze scientifiche a livello internazionale che si organizzano e la pubblicazione dei loro materiali, rappresentano un’importante forma di dialogo, in cui la visione prospettata dalla Fides et ratio trova una concreta realizzazione.

      Il dialogo così condotto tra scienza e fede, mostra come le nuove scoperte scientifiche cambino la portata delle domande poste sia dai naturalisti come pure dai filosofi. Renato Ricci, fisico dell’Università di Padova, riassume l’evoluzione intellettuale della sua generazione, scrivendo: “Quando conobbi tutte le risposte che mi interessavano, ci cambiarono le domande”. Aggrappati sulle spalle di giganti dell’intelletto, scopriamo nuove domande e nuovi indizi della razionalità del mondo. Scopriamo l’affascinante mondo del senso, impossibile da esprimere attraverso la prospettiva conoscitiva di una sola disciplina, e lo conosciamo grazie alle analisi filosofiche, alla riflessione teologica e nell’atto contemplativo-meditativo sulla vita.

      Un contributo importante alla nostra conoscenza del mondo è stato dato da Newton e da Einstein. Lo sviluppo di un tale sapere avrebbe potuto essere arricchito esclusivamente, grazie ai lavori matematici di Euclide, Cantor o di Gödl. In tal caso però, se lo si privasse del patrimonio filosofico di Platone e di Tommaso d’Acquino, della riflessione teologica di Agostino d’Ippona e di Romano Guardini, delle esperienze mistiche di Giovanni della Croce e di Tomas Merton, ne risulterebbe impoverito e incompleto. La cultura umana, privata di tali componenti, risulterebbe una cultura unidimensionale, deformata nei suoi contenuti essenziali.

      L’ambiente naturale della specie Homo sapiens infatti è costituito dal mondo polifonico del senso. Al suo livello, l’uomo affronta domande, che non gli portano direttamente vantaggi biologici nella lotta per l’esistenza. Plus ratio quam vis.