La comunicazione digitale
di Gaspare Mura
L’ Assemblea generale del Pontificio Consiglio della Cultura 2010, di fronte alle sfide antropologiche rappresentate dalla nuova cultura digitale, si è impegnata con rigore e passione ad approfondire la grammatica dei nuovi mezzi di comunicazione, nella fedeltà all’indicazione di Benedetto XVI di “avvalersi con rinnovato impegno creativo, ma anche con senso critico e attento discernimento, dei nuovi linguaggi e delle nuove modalità comunicative”.
Le numerose tematiche emerse: l’“esperienza” digitale intesa come “ambiente” di gestione della conoscenza, la comunicazione intesa non più in senso piramidale ma orizzontale e partecipato, la contaminazione e la “convergenza” dei linguaggi, il “multitasking” e i “social network”, i nuovi modelli antropologici che privilegiano la dimensione multi relazionale dell’uomo, sono stati al centro di appassionanti riflessioni che meriterebbero di essere diffuse presso un più vasto ambito ecclesiale al fine di una adeguata formazione di quanti si occupano di comunicazione nella Chiesa, a tutti i livelli.
Su invito del Card. Ravasi, vorrei suggerire, in forma puramente indicativa, alcune tematiche su cui meriterebbe far proseguire ulteriormente l’importante riflessione iniziata: a) lo sviluppo crescente delle capacità comunicative e partecipative, accompagnata dalla diminuzione di relazioni “ad personam” e dalla modificazione del rapporto tra la persona e la realtà, sempre più concepita in modo esclusivamente “virtuale” e da un indebolimento delle capacità critiche dei soggetti che ne usano, soprattutto giovani; b) la positiva valutazione dei social network (Facebook ecc.), capaci di costruire rapporti immediati annullando le distanze e di generare scambi di informazioni acquisite non solo individualmente, ma attraverso la ricerca e la valutazione di altri, con la possibilità di inserimento in essi di personalità costruttive, capaci di indicare e suggerire la lettura di testi e di comunicare informazioni positive, ma anche il dubbio circa la validità di tali rapporti escludenti la relazione personale; c) la mancanza di autenticità nel proiettare esteriormente una falsa immagine di sé - quale appare in modo evidente nel crescente fenomeno di Second Life, in cui il soggetto si rappresenta come Avatar,- indebolendo la crescita di un’interiorità capace di riconoscere la verità del proprio essere a favore di un’immagine artificiale di sé, - come è provato dalla facilità delle relazioni d’amore nate nei social network, accompagnate dalla mancanza di veridicità nel rapporto, e presto dissolte; d) il grande ausilio della tecnologia informatica alla didattica, sempre più esercitata on line con scambio di materiali e discussioni anche oltre l’orario di insegnamento, unito al rischio di smarrire una seria metodologia scientifica fondata su seminari di ricerca, sulla discussione vivace intorno allo statuto epistemologico del dato acquisito, in cui il fattore umano dello scambio personale è da sempre risultato essere il motore della scienza; e) la facilità di accedere alle fonti del sapere, scientifiche, filosofiche ed anche religiose, accompagnata dal rischio di perdita di rispetto delle “auctoritates” del sapere, custodito dal “libro” ed affidato al suo “commento” orale, che per millenni è stato il fondamento della paideia e della scienza; f) la positiva creazione delle communities scientifiche, non solo accademiche, che scambiano velocemente i dati della ricerca specializzata, unita tuttavia alla mancanza di necessario approfondimento critico e di controllo per evitarne un uso erroneo; g) la tecnologia informatica, intesa come ambiente di gestione delle conoscenze, positiva per quanto riguarda la socializzazione scientifica (basti pensare al campo medico), racchiude inoltre il rischio che la “verità” venga intesa prevalentemente come prodotto del consenso di un certo gruppo, ossia che venga ridotta sempre più diffusamente alla “doxa” , da cui consegue la creazione di modelli antropologici sempre più insensibili alla “verità”, messa in secondo piano da verità di stampo relativistico; h) il moltiplicarsi dei blog costituisce un fattore importante di questo nuovo “ambiente” cognitivo, ma l’anonimato di alcuni interventi impedisce una selezione critica e l’attribuzione di responsabilità nella diffusione delle affermazioni, perché solo un criterio riconosciuto di credibilità potrebbe stabilirne l’autorevolezza; i) l’accelerazione positiva offerta dalla comunicazione informatica ai controlli democratici (democrazia di Internet), è accompagnata dall’indebolimento della sensibilità verso il diritto e la privacy,- ne è un esempio recente WikiLeaks ; così come la gratuità offerta dal mezzo informatico alla rapidità di comunicazione delle informazioni, viene utilizzata sovente per la diffusione di messaggi negativi eticamente o pericolosi politicamente (terrorismo); e l’importanza che riveste l’incontro virtuale in agorà parallele, che si esprimono in raccolte di firme on-line, in forum collettivi di confronto senza censure e controlli suggerisce l’importanza della formazione etica per distinguere le inedite possibilità offerte dalla comunicazione digitale per il lavoro, la democrazia diretta ecc., e il suo uso per ricerche di consenso su tematiche eticamente negative.
Un’ulteriore riflessione andrebbe poi riservata alle mutazioni antropologiche prodotte dalla rivoluzione digitale. All’uomo concepito dalla tradizione filosofica come “essere per sé” ovvero come “persona” (Tommaso), come “avente dignità” perché senza “prezzo” (Kant), come termine di un rapporto etico (Lévinas), viene progressivamente sostituendosi la forma dell’ “homo videns” (Sartori), o dell’’”Io virtuale”, che progressivamente abbandona il concetto di natura , di physis, a favore di una natura puramente “virtuale”.
Infine, vorrei porre a titolo del tutto personale un ultimo interrogativo. A parte l’indubbia utilità di strumenti come GoogleBooks, che mettono a disposizione di un vastissimo pubblico i tesori delle biblioteche di tutto il mondo, tuttavia di fronte alla crescente diffusione del libro in forma digitale (E-book), e del continuo sviluppo dell’editoria digitale, mi sembra opportuno chiedere quale sarà la fine del libro nella forma e nel ruolo che esso ha avuto finora. Un interrogativo che non concerne solo la nuova educazione alla lettura ed alla scrittura “ipertestuale”, indotta dallo strumento digitale, ma riguarda più direttamente la possibilità di sopravvivenza di quel “conversare con i grandi” di cui Machiavelli parlava nella lettera al Vettori, ovvero la capacità di entrare “nelle antique corti delli antiqui uomini”, per “domandarli della ragione delle loro azioni” e per riceverne gli insegnamenti da cui, egli scrive “dimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi trasferisco in loro”.