Intuizione e ragionamento
Nella soluzione di problemi complessi
di Carlo Maria Polvani
Nella prima metà del Novecento, la Gestalt Psychologie focalizzò la sua attenzione sui meccanismi della percezione insiti nella mente umana. Grazie a esperimenti innovativi, Max Wertheimer (1880-1943), Kurt Koffka (1886-1941) e Wolfgang Köhler (1887-1967) evidenziarono il “fenomeno phi” — l’illusione di un movimento direzionale che si verifica in un soggetto davanti al quale si accendono e si spengono in sequenza delle luci disposte in fila (oggi ampiamente utilizzato nelle insegne pubblicitarie e nei cartelloni stradali) — e l’“effetto takete-maluma” — l’associazione che il cervello umano stabilisce inconsciamente fra forme diverse d’informazione (nel 95 per cento dei soggetti testati, la parola takete è collegata a una figura spigolosa mentre quella maluma a una figura tondeggiante) — contribuendo così alla scoperta di vari processi mentali, fra cui, il cosiddetto insight. Spesso tradotto con il termine “intuizione” (forse anche per l’affinità etimologica fra in-sight e in-tueri, “guardare dentro”), l’insight è quella capacità intellettuale che permette di riconfigurare l’essenza di un problema per proporne una soluzione innovativa grazie alla creazione d’inedite relazioni fra gli elementi che lo compongono.
L’esistenza dell’insight è testimoniata da eventi celebri quali l’«Eureka!» esclamato da Archimede quando concepì il principio secondo il quale un corpo immerso in un fluido è sottoposto a un forza uguale al peso del fluido spostato; i meccanismi dell’insight, tuttavia, non sono ancora stati del tutto delucidati. Studiando l’attivazione dei circuiti neuronali, la neuropsicologia moderna considera che l’intuizione non nasca né da un ragionamento deduttivo — che usa strutture di concatenamento logico come il sillogismo classico: «i mammiferi allattano; le volpi sono dei mammiferi; quindi, le volpi allattano» — né da un ragionamento induttivo, che usa osservazioni generali per delineare modelli o schemi ricorrenti come: «le volpi riescono a rubare le galline; perciò le volpi sono furbe». L’insight non sarebbe neppure riconducibile alle tante facoltà di ragionamento, innate o apprese, evidenziate dagli esperti di problem solving, come la risoluzione per tentativi — provare un gran numero di soluzioni fino a trovare quella appropriata, per analogia, riadattare una soluzione precedentemente elaborata per un problema simile o per scomposizione, dividere un problema complesso in problemi accessibili.
Per quanto enigmatica, la natura dei processi intuitivi può essere comunque osservata considerando i procedimenti utilizzati dalla mente nella risoluzione di problemi matematici e logici.
Ottima è stata pertanto la decisione della Einaudi di pubblicare anche l’ultima opera di Alex Bellos: Enigmi. I migliori rompicapi logici e matematici di tutti i tempi (Torino, Einaudi, 2019, pagine 296, euro 18). Con il suo stile ludico, il noto divulgatore scientifico britannico ha sottoposto al lettore un centinaio di rompicapi classici, suggerendo per ognuno di essi, una traccia da seguire per arrivare alla loro soluzione, che è comunque descritta in un capitolo conclusivo. Sin dall’introduzione, nella quale sono presentati due problemi dei più grandi compositori di enigmi moderni — quello dei “Canali di Marte” di Samuel Loyd (1841-1911) e quello della “Sequenza di Nob” di Nobuyuki Yoshigahara (1936-2004) — il lettore è stuzzicato a risolvere quesiti intriganti, facendo ricorso sia al suo intuito sia al suo ragionamento. Eccone tre esempi.
Un problema di cui esistono innumerevoli varianti è quello riportato al numero 18 delle Propositiones ad acuendos juvenes dal celebre pedagogo del Rinascimento carolingio, il beato Alcuino di York (732-804): come farà un uomo a traghettare un lupo, una capra e un cavolo da una riva all’altra d’un fiume, se nella sua barca può portare uno solo di essi alla volta e sapendo che il lupo, se lasciato solo con la capra la divorerà e che la capra, se lasciata sola con il cavolo se lo mangerà? Di primo acchito, è facile rendersi conto che la capra deve partire per prima sulla barca (altrimenti, sulla riva di partenza, o finirebbe nelle fauci del lupo o si sazierebbe con il cavolo); ma una volta lasciata la capra sulla riva di approdo, non è facile superare l’ostacolo successivo: portare il lupo o il cavolo sulla riva dove aspetta la capra, implicherebbe una brutta fine o per la capra se abbandonata con il lupo o per il cavolo se ivi lasciato con la capra. Quello che è necessario è proprio un insight che introduca un’alternativa innovativa: usare la barca per portare avanti ma anche indietro gli elementi. Si tratta perciò di portare per prima la capra e di tornare a vuoto; poi, di trasportare il lupo e, arrivando sulla sponda di arrivo, lasciarlo lì riportandosi indietro la capra; lasciata la capra sulla riva di partenza dove aspettava il lupo, prendersi quest’ultimo e portarlo sulla riva del cavolo, per poi ritornare a recuperare la capra per ultima.
In un altro famoso problema presentato da Bellos però, l’insight risulta ingannevole. Il successore sulla cattedra di Isaac Newton si chiese quanto lunga sarebbe stata la corda che avrebbe dovuto srotolare dietro di sé per compiere un giro completo dell’equatore; essendo il raggio (r) della Terra di 6.371 chilometri e il perimetro (p) di un cerchio dato dalla formula classica P=2πr, William Whiston (1667-1752) stimò la lunghezza a 40mila chilometri. Tuttavia, il poliedrico cattedratico che fu espulso da Cambridge per aver abbracciato l’arianesimo, si chiese anche di quanti metri avrebbe dovuto allungare la fune lunga 40 milioni di metri in modo da poterla alzare uniformemente dal suolo e farne un cerchio esterno abbastanza alto per permettere al suo cane di passarci sotto per accompagnarlo lungo il tragitto? La risposta risultò assai contro-intuitiva. Con soli 4 metri in più ai 40 milioni preventivati, sarebbe stato possibile sollevare il cavo dal suolo in un cerchio lungo l’equatore alto quasi 65 centimetri dal suolo, ossia la taglia media di un cane. Infatti, il rapporto tra il perimetro e il raggio è sempre costante e quindi, per qualsiasi cerchio, 16 centimetri di raggio in più corrispondono a circa 1 metro di perimetro (come è evidente dalla formula classica sopra citata, scritta in maniera diversa: P/2π=r, che conferma che per 4 metri di perimetro, il raggio aumenta di 4/2π=0,636 metri, ossia di 63,6 centimetri).
Infine, ci sono dei casi, in cui l’intuito e il ragionamento collaborano proficuamente. Com’è possibile misurare un quarto d’ora se si hanno a disposizione solo due clessidre, una grande che dura 11 minuti e una piccola di 7 minuti? Con il ragionamento, si vede bene che girando le due clessidre insieme, quando finisce la piccola, si possono iniziare a contare i 15 minuti utilizzando solamente la grande: a quest’ultima, difatti, restano 4 minuti e quando finirà, basterà rigirarla per misurarne altri 11. Così facendo però, per misurare un quarto d’ora, saranno stati necessari 22 minuti in tutto (poiché si saranno persi i 7 minuti iniziali della clessidra piccola). Ma l’insight permette di avvertire l’utilità del rapporto fra le due clessidre non tanto per determinare il tempo che resta da trascorrere in una di esse quanto il tempo che resterebbe da trascorrere se venisse rovesciata prima di finire: si girino le due clessidre insieme e quando la piccola finisce (saranno allora passati 7 minuti), la si rigiri; al momento in cui finisce la grande (saranno allora trascorsi 11 minuti), si rigiri la piccola che terminerà per forza quattro minuti dopo (ovvero, la differenza fra gli 11 della grande e i 7 della piccola) dando così un totale di 15 minuti.
Che dire quindi del rapporto fra insight e ragionamento? In merito alle grandi scoperte scientifiche, Albert Einstein riteneva che arrivava sempre il «momento in cui solo l’intuizione permette di fare un balzo in avanti, pur non sapendo precisamente come». In un dialogo con l’amico William Hermanns (1895-1990) — il poeta che aveva fatto il voto di servire Dio perché lo aveva risparmiato dalla terribile battaglia di Verdun — il padre della teoria della relatività si spinse persino a proporre una visione esistenziale dell’intuizione affermando che essa era lo strumento che permetteva all’umanità di progredire poiché «rivelava a ogni uomo il suo scopo nella vita».
Come non ricordare allora le parole di un altro gran poeta, il romantico William Wordsworth (1770-1850) che, riconciliandosi con la religione cristiana, definì la fede, non a caso, una «passionate intuition».
Pubblicato in L'Osservatore Romano, 21/03/2019.