IL VATICANO A PECHINO
Scrivo queste righe da Pechino. A distanza di oltre trent’anni, quando visitai la Cina per ben tre settimane da semplice turista, sono ora ritornato per una sosta di pochi giorni in un Paese totalmente trasformato e vi sono giunto da cardinale, anzi, ufficialmente da ministro della cultura per un evento internazionale su invito dello stesso governo cinese. Le sorprese di questo incontro con una terra dalla civiltà millenaria, divenuta una potenza planetaria, che continua a dichiararsi comunista pur adottando i riti economico-finanziari del capitalismo e gli strumenti della tecnologia più avanzata, sono state tante e veramente inattese. Ne vorrei narrare solo alcune, data appunto l’originalità dell’evento che mi ha coinvolto.
Una premessa è indispensabile: la S. Sede e la Cina non hanno rapporti diplomatici. Tutti i giornali nei mesi scorsi hanno dato notizia delle difficoltà e complessità sperimentate per giungere a un accordo riguardo alle nomine dei vescovi, tenendo conto della presenza di una Chiesa ufficiale “patriottica” e di un’altra “sotterranea” e spesso sottoposta a restrizioni e vessazioni. Ed ecco la prima sorpresa datata già dallo scorso anno, quando l’ambasciatore cinese all’ONU si era rivolto al diplomatico vaticano delegato presso lo stesso organismo invitando la S. Sede a partecipare in modo formale all’Expo internazionale di orticoltura che si sarebbe svolta a Pechino dal 28 aprile al 7 ottobre 2019.
Certo, il Vaticano – che è il più piccolo stato del mondo (solo 0,44 kmq) – è occupato per due terzi da monumenti, musei e giardini e a Castelgandolfo gestisce una propria fattoria. Ma forse, in filigrana a quell’invito, c’era l’enciclica Laudato si’ di papa Francesco che tanta eco aveva registrato in tutto il mondo per la sua analisi della situazione ecologica della terra, nostra «casa comune». La Segreteria di Stato, d’intesa col Santo Padre, ha così deciso di raccogliere questa sfida e ne ha affidata la gestione a me, non solo perché l’“agricoltura” ha alla base la stessa radice di “cultura” (e la questione non è solo lessicale, come insegna la storia dell’umanità), ma anche perché avevo già gestito la presenza della S. Sede all’Expo di Milano del 2015.
La seconda sorpresa fu quella di riuscire a costruire un padiglione vaticano nello spazio di uno Stato col quale non ci sono relazioni formali. È stato un percorso irto di difficoltà, gestito in situ (ma spesso necessariamente a distanza) da un mio collaboratore, mons. Tomasz Trafny, ma anche col sostegno diplomatico di un paese terzo, l’Italia, attraverso l’eccezionale competenza e l’amicizia dell’ambasciatore Ettore Sequi e del suo staff e con l’interessamento del sottosegretario Michele Geraci, vissuto a lungo in Cina. Inoltre, l’Olanda ci ha offerto per tutti i mesi dell’Expo un’aiuola di orchidee sulle quali un nostro collaboratore scientifico ha compiuto una particolare procedura di coltivazione che ha sollecitato l’interesse dei responsabili cinesi. Ugualmente suggestiva per loro è stata l’applicazione di una particolare tecnologia non inquinante (Li-Fi) per rendere accessibili ai visitatori i contenuti del padiglione.
Eccoci, allora, nell’area immensa della mostra, posta all’insegna del motto Live green, Live better (“vivere verde, vivere meglio”), con la bandiera giallo-bianca e le chiavi di S. Pietro, che svetta con quella dei 110 paesi partecipanti e che ha sfilato con le altre davanti al presidente Xi Jin Ping durante il fantasmagorico spettacolo di inaugurazione nel teatro all’aperto Guirui a forma di enorme farfalla. Sorprendente è stata anche la calorosa accoglienza che mi è stata riservata dalle autorità della Repubblica Popolare cinese, che mi hanno collocato sempre tra i ministri dei vari stati presenti all’evento di apertura.
Ma del tutto inattesi sono stati il numero e l’ammirazione dei visitatori per la bellezza e l’originalità del padiglione vaticano, posto in una posizione privilegiata all’interno del grandioso edificio internazionale di 22.000 mq. Stando alla stampa cinese, è finora il padiglione più visitato (35.000 persone nel giorno del 1° maggio), nonostante la sua superficie sia solo di poco più di 200 mq. Il fascino, oltre che dai giochi d’acqua e dalle orchidee, è legato alla presenza di due mirabili codici di “erbari” della Biblioteca Vaticana: essi sommano oltre 350 fogli di pergamene, quasi 700 pagine, tutte con disegni colorati di vegetali, che possono essere sfogliate su schermo digitale.
A conquistare i visitatori cinesi è, poi, un’imponente tela dei Musei Vaticani dell’austriaco Peter Wenzel (1745-1829) che raffigura il paradiso terrestre con oltre 200 animali e infiniti alberi, così come una riproduzione bronzea della “Rosa dei venti” indicante l’Oriente presente nel pavimento di piazza S. Pietro. Infine, quando il visitatore esce, s’imbatte in un albero d’ulivo secco ricoperto d’oro, una scultura naturale che segnala il rischio dell’inquinamento ma anche la preziosità del creato. Sotto questo ulivo è scritto un passaggio della Laudato si’, rivolto a credenti e non credenti.
Concludiamo segnalando un’ultima importante sorpresa. Tra i visitatori, soprattutto durante la mia presenza, c’erano anche i cattolici cinesi, orgogliosi che la loro Chiesa avesse una posizione pubblica così significativa di rispetto e di prestigio. Tra l’altro, le guide del padiglione sono giovani del movimento dei Focolari i quali, appena giunto nell’hotel ove ero ospitato con le delegazioni, mi hanno lasciato in cinese e in italiano questo messaggio che vorrei porre a suggello di questo breve diario cinese: «Siamo onorati di far parte di questo evento straordinario del Vaticano. Vogliamo essere la testimonianza cristiana in ogni momento per tutti durante questa Expo!».
GIANFRANCO RAVASI