AMERICAN CULTURE AND CATHOLIC HIGHER EDUCATION

Loyola University Chicago

Print Mail Pdf
condividi  Facebook   Twitter   Technorati   Delicious   Yahoo Bookmark   Google Bookmark   Microsoft Live   Ok Notizie

g_ravasi_2 Cardinal Ravasi

AMERICAN CULTURE AND CATHOLIC HIGHER EDUCATION

Lectio Magistralis del Card. Gianfranco Ravasi in occasione del conferimento della laurea h.c. alla Loyola University Chicago, 25 marzo 2015

           È con grande emozione che prendo la parola in questa gloriosa istituzione educativa e culturale americana. Il sentimento fondamentale della gratitudine per l’onore che mi è stato riservato s’intreccia con quello dell’ammirazione per un’opera che esalta la presenza cattolica negli Stati Uniti e che mostra il volto più vivo e autentico della Compagnia di Gesù. Ringrazio, perciò, le autorità accademiche e il mondo degli studenti tra i quali sono idealmente accolto. Si tratta di un’esperienza a me particolarmente cara, avendo trascorso la maggior parte della mia vita nell’insegnamento universitario.

          Certo, sono un europeo che poche volte ha visitato questo paese, ma da lontano ha sempre seguito la vostra cultura, soprattutto la letteratura che ha offerto – a partire dall’Ottocento con Dickinson, Poe, Whitman, Hawthorne, London, Melville, Mark Twain, Henry James e altri – uno straordinario ritratto dell’esistenza e della società umana, e che ha presentato nel Novecento una vera e propria galleria di autori dall’eco universale come Hemingway, Faulkner, Fitzgerald, Kerouac, Flannery O’Connor, Salinger, Roth, Bellow, Updike e così via. Uno scrittore della mia patria, l’italiano Mario Soldati, nella sua opera America primo amore, affermava che «l’America non è soltanto una parte del mondo. L’America è uno stato d’animo, una passione. E qualunque europeo può, da un momento all’altro, ammalarsi d’America».

* * *

          La ragione di questa attrazione è molteplice e nasce dall’identità originale della civiltà americana. Si tratta di un interrogativo che già nel 1782 formulava in modo lapidario John Hector St. John de Crevecoeur nelle sue Letters from an American Farmer: «What, then, is the American, this new man?». Le risposte sono state molteplici, per altro già anticipate nella stessa Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America (1776): i valori dell’uguaglianza, dei diritti inalienabili della vita e della libertà, del bene comune, dell’accoglienza attraverso l’inclusione sociale degli stranieri costituiscono la fisionomia più genuina del cittadino statunitense.

          L’europeo in questo ritratto dell’homo americanus scopriva qualità che erano state celebrate anche nel Vecchio Continente ma che là si erano impallidite e talora persino estinte. Emblematica è nell’Ottocento la figura dello statista francese Alexis de Tocqueville che nel suo saggio De la démocratie en Amérique stabilisce un parallelo dialettico antitetico tra gli esiti della Rivoluzione francese  e di quella americana: «La rivoluzione negli Stati Uniti è stata frutto di un gusto maturo e pensato per la libertà, e non di un vago e indefinito istinto per l’indipendenza. Essa non si basava sulla passione per il disordine; al contrario, fu generata dall’amore per l’ordine e la legalità».

          Questo non significa che la stessa cultura americana non abbia percepito anche i propri limiti, a partire dai suoi stessi presidenti come Thomas Jefferson che nelle sue Note sulla Virginia non esitava a scrivere: «Temo per il mio paese quando rifletto che Dio è giusto». Intellettuali famosi come Truman Capote o Norman Mailer o Noam Chomskij hanno duramente affondato la lama della critica nel tessuto sociale statunitense. Altri come David Riesman e soprattutto Christopher Lasch col suo noto saggio The Culture of Narcissism hanno identificato i nodi aggrovigliati, i punti deboli, le crisi che scuotevano quei valori considerati come patrimonio della società americana.

          In questo contesto sempre più complesso, segnato ora da una nuova rivoluzione com’è quella informatica e digitale, che sta generando un fenotipo inedito antropologico e sociologico, come si può collocare la presenza culturale cattolica? È noto che il concetto di “cultura” non è più soltanto quello aristocratico illuministico che si riferiva alle arti, alle scienze e alla filosofia. Ora, invece, la cultura designa il complesso di valori e simboli oggettivo, collettivo, trasversale a tutte le persone e le classi sociali. In questa luce acquista un significato profondo il messaggio cristiano che può fecondare e trasformare gli stessi valori tradizionali fondanti della cultura americana. Questi valori, infatti, per molti aspetti appartengono a una categoria antropologica di base, ora sottoposta a molte critiche e variazioni ma pur sempre significativa. Intendiamo riferirci al concetto di “natura umana”.

 * * *

          Essa si esprime nella società americana in alcune tipologie che permettono un dialogo fruttuoso con la concezione cristiana. Come premessa fondamentale potrebbe essere scelto uno straordinario lóghion o detto di Cristo, un vero e proprio tweet ante litteram, composto com’è nel greco dei Vangeli di soli 53 caratteri, spazi compresi: «Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Matteo 22,21). Da sempre nella vita, nella cultura, nella storia e nella stessa Costituzione americana Stato e Chiesa sono rigorosamente distinti e separati. Società e religione, invece, non lo sono, anzi tra le due vi è sempre un’attrazione e una tensione, un incontro ma talora anche uno scontro, mai però separazione o indifferenza. Su questa dialettica si regge ormai la storia anche di molti altri paesi.

          A questo confronto tra fede e società deve partecipare l’università cattolica proponendo una sua Weltanschauung rigorosamente definita e approfondita. Essa può sostenere e arricchire alcuni equilibri su cui si regge la civiltà contemporanea, in particolare americana. Possiamo esemplificare alcuni di questi equilibri o bilanciamenti senza volerli approfondire.

-         Da un lato, si ha il rilievo della persona umana e quindi della sua identità individuale e della sua dignità.

D’altro lato, deve attuarsi il bene comune e lo sviluppo della polis, cioè dell’intera comunità.

-         Da un lato, si deve affermare la libertà con la sua creatività e i suoi diritti. D’altro lato, si devono altrettanto affermare i doveri della giustizia, della solidarietà, del rispetto, della convivenza.

-         Da un lato, è necessario l’impegno economico per il benessere.

D’altro lato, è indispensabile la custodia dei valori etici, spirituali e culturali perché «non di solo pane vive l’uomo».

-         Da un lato, le diverse identità originarie etnico-culturali devono esprimersi nella loro varietà e ricchezza.

D’altro lato, la democrazia costituisce un perimetro comune entro cui tutti devono saper coesistere, nella condivisione di alcuni valori e simboli unificanti fondamentali.

 * * *

          Potremmo continuare a lungo in questo elenco di poli di coesistenza e illustrarli alla luce del messaggio cristiano e della dottrina sociale della Chiesa, senza fondamentalismi prevaricatori ma anche senza assenze o silenzi che impoveriscono la comune esistenza. Ma per fare questo l’università cattolica deve dotarsi di una attrezzatura intellettuale ed educativa qualificata. Due sono, perciò, le componenti primarie da sviluppare: l’educazione e l’istruzione.

          La prima riguarda la formazione della persona nella sua totalità. È ciò che affermava in modo incisivo il grande pensatore morale francese Michel de Montaigne quando suggeriva all’educatore di favorire «plutot la tête bien faite que bien pleine», cioè modellare il pensare e non solo colmare il cervello di dati, nozioni e informazioni. Ecco perché è rilevante non solo l’istruzione ma anche l’educazione integrale della persona nella sua molteplicità spirituale, morale, intellettuale, artistica, fisica, sportiva, sociale.

          Un celebre pensatore dell’Ottocento inglese, filosofo, teologo e anche cardinale, John Henry Newman, non esitava a dichiarare nella sua opera The Idea of a University che l’educazione universitaria cattolica prima ancora che formare cristiani o cattolici deve creare dei “gentlemen”. L’idea che l’università debba formare per la vita e non per la scuola non è solo una frase retorica – già formulata dal filosofo latino Seneca (Non vitae, sed scholae discimus) – ma è il programma che deve reggere un’istituzione cattolica educativa. È questo, come si diceva, il senso più completo della “cultura”.

          C’è, però, una seconda componente intrinsecamente connessa alla prima ed è quella strettamente intellettuale, l’istruzione. Essa parte dallo straordinario patrimonio culturale che in tutte le discipline ha offerto il cristianesimo nei secoli. È un’eredità di arte, di scienza e di pensiero che si unisce intimamente alla visione cristiana spirituale e morale dell’uomo, della donna e della società. In questa linea l’università cattolica deve stabilire un confronto costante con l’orizzonte culturale globale ed è ciò che accade da quasi due secoli in modo esemplare nella Loyola University Chicago. Penso, ad esempio, al dialogo con la scienza attraverso le specifiche facoltà di scienze e ingegneria, raccogliendo anche le sfide che la tecnologia pone alla bioetica o che il postumanesimo lancia alla stessa antropologia cristiana. Penso anche al mondo delle discipline economico-finanziarie che esigono un’impostazione di stampo umanistico e non solo meramente tecnico.

          Penso anche all’incontro col mondo dell’arte nelle sue nuove grammatiche espressive nell’architettura, nella pittura o scultura, nella musica, nel cinema e nella televisione. Penso all’attenzione che si deve riservare alla comunicazione che ha adottato non solo nuovi strumenti ma che ha creato un ambiente planetario che avvolge attraverso la rete informatica tutto il globo terrestre.

          In questa opera intellettuale un significato particolare acquista la presenza dell’insegnamento della teologia cattolica. Il suo specifico statuto epistemologico può, infatti, confrontarsi con quello delle altre discipline culturali senza prevaricazioni ma anche senza timidezze. Il cristianesimo, poi, nei suoi principi ideali e morali fondativi è aperto al dialogo con le diverse espressioni spirituali e, quindi, l’università cattolica diventa anche la sede del dialogo ecumenico e interreligioso.

          Queste e altre vostre esperienze costituiscono per la Chiesa universale un grande modello ispiratore, soprattutto per l’inculturazione della fede e quindi per “una Chiesa in uscita”, come afferma papa Francesco nella Evangelii gaudium. Nell’attuale società secolarizzata e nelle grandi aggregazioni metropolitane anonime più che l’ateismo domina oggi l’apateismo, cioè l’apatia religiosa, l’indifferenza ai valori etici e spirituali. La presenza di una comunità universitaria come quella del Loyola può attuare il programma che Cristo aveva proposto ai suoi discepoli nel Discorso della Montagna attraverso una trilogia efficace di immagini: «Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo. Non può restare nascosta una città che sta sopra un monte» (Matteo 5,13-14).