A TAVOLA CON UN PONTENTE

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Quando sei a tavola con un potente, bada bene a quello che ti è messo davanti: mettiti un coltello alla gola, se hai appetito. Non bramare le sue ghiottonerie! (Proverbi  23, 1-3)

 

         Il vocabolo “sapienza”, come è noto, deriva dal latino sàpere, un verbo che prima di tutto rimanda al “sapore”, al gusto: non è, quindi, un freddo conoscere, è una scoperta calorosa ed appassionata della realtà e dei suoi segreti. In questa luce si comprende la letteratura “sapienziale” presente nella Bibbia che, ad esempio, s’interroga intensamente sul mistero del male (Giobbe), sull’amore (Cantico dei cantici), sulla crisi interiore (Qohelet), sull’incontro con Dio (Salmi). Ebbene, tra questi orizzonti da perlustrare ce n’è uno più semplice, eppure altrettanto rilevante ed è quello dell’esistenza quotidiana.

         È il caso del libro dei Proverbi, in ebraico meshalîm, un termine che rimanda appunto ai detti, agli aforismi, ma anche alle parabole, ai carmi e persino ai poemi. Sono spesso schegge di sapienza popolare o colta, legate a formule lapidarie, da imparare a memoria, anche perché non di rado rimate (come accade anche ai nostri proverbi: «chi di spada ferisce, di spada perisce»…), destinate a cogliere un frammento di vita quotidiana, un’esperienza da compiere o da evitare, una rilevazione sul mondo, sulla società e su quel guazzabuglio che è il cuore umano.

         Aprendo a caso il libro dei Proverbi, abbiamo trovato il curioso aforisma che proponiamo solo come esempio per stimolare il lettore a inseguirne altri nelle centinaia di proverbi offerti dalle pagine di quell’opera biblica. La scenetta è molto semplice e ancor oggi si ripete quando un dipendente è invitato a cena dal proprietario dell’azienda, oppure una persona di condizioni modeste è ammessa a un pranzo di gala o ancora si è convocati a una colazione di lavoro per una verifica in vista di un’eventuale assunzione a un incarico.

         Il consiglio dell’antico sapiente ebreo è sostanzialmente legato al buon senso e all’acutezza nei comportamenti. Essere invitati alla mensa di una persona altolocata è sempre un’occasione propizia, ma è anche rischiosa perché il “capo” accoglie, però osserva, festeggia l’ospite, ma al tempo stesso lo saggia, lo verifica, lo esamina. L’ammonimento è allora semplice: sii cauto! Particolarmente efficace è il simbolo del coltello da mettersi alla gola per frenare la voglia di gettarsi su quei piatti colmi di manicaretti.

         Quelle leccornie, infatti, nascondono un  sottile inganno perché, mentre saziano e fanno godere, mettono a nudo lo stile, la dignità, l’educazione e l’autocontrollo della persona. In questi schizzi di vita, veri e propri bozzetti desunti dall’esperienza, si rivela ancora una volta la qualità della Rivelazione biblica che non è eterea e alienante. Essa mostra un Dio che cammina silenziosamente accanto a noi quando attraversiamo le città, ci sediamo a mensa, ci dedichiamo al lavoro, ci fermiamo a pensare, cadiamo nei soliti vizi, pratichiamo le virtù, odiamo e amiamo, imprechiamo e preghiamo. «Principio della sapienza è, allora, il timore del Signore» (Proverbi 1,7).