IL “SÌ” DI CRISTO

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Fratelli, Dio è testimone che la nostra parola verso di voi non è “sì” e “no”. Il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che abbiamo annunciato tra voi, io, Silvano e Timòteo, non fu “sì” e “no”, ma in lui vi fu il “sì”.

Infatti tutte le promesse di Dio in lui sono “sì”. Per questo attraverso di lui sale a Dio il nostro “Amen” per la sua gloria.

(2 Corinzi 1, 18-20)

            Uno studioso tedesco, Adolf Jülicher, definiva la Seconda Lettera ai Corinzi come «la più enigmatica e personale delle Lettere paoline». Lo è per una serie di allusioni polemiche nei confronti dei cristiani di quella città greca coi quali l’Apostolo ebbe un rapporto turbolento, testimoniato da entrambi gli scritti a loro destinati e a noi giunti. In verità si fa cenno anche ad altre missive inviate da san Paolo, tra le quali una «scritta tra molte lacrime» (2,4) e andata perduta o forse, come ipotizzano alcuni studiosi, inserita redazionalmente in questa Seconda Lettera con qualche altro frammento epistolare.

            In questa domenica la liturgia propone un piccolo brano dello scritto paolino (1, 18-22), brano che noi abbiamo ulteriormente ridotto. L’Apostolo reagisce contro coloro che lo accusavano di essere una sorta di banderuola ondeggiante tra posizioni contrastanti, di essere quindi un incoerente, oscillante tra il “sì” e il “no”. Con fermezza egli rivendica la sua aderenza al modello centrale, Cristo, il quale aveva insegnato nel Discorso della Montagna: «Sia il vostro parlare sì, sì; no, no!» (Matteo 5, 37). Anzi, tutta la sua esistenza e la sua opera furono un “sì” pieno alle promesse che erano state fatte da Dio.

            Ebbene, vogliamo mettere l’accento proprio su questo elemento che, come un filo d’oro, tiene insieme tutto il nostro brano. Il tema è quello della fedeltà. Si comincia con Dio Padre che è definito in greco pistós, tradotto un po’ liberamente come “testimone” (v.18). In realtà l’aggettivo significa “fedele, affidabile”. E Dio lo è stato con le sue promesse e i suoi atti di salvezza nella storia del popolo ebraico, nonostante le infedeltà di Israele. Cristo, poi, è venuto nel mondo per condurre a pienezza quella stessa storia salvifica ed è per questo che il suo emblema è il “sì” fedele, divenendo la prova definitiva e “sperimentabile” dell’affidabilità e fedeltà di Dio Padre e delle sue promesse .

            L’Apostolo – al contrario delle accuse che vengono scagliate contro di lui – annunciando assieme ai suoi collaboratori Silvano e Timòteo la purezza del Vangelo, cioè il “sì” di Cristo, è stato un esempio di fedeltà. Ed è per questo che tutti i cristiani devono con lui levare verso Dio la preghiera e la professione di fede dell’Amen. Ora, come è noto, questo termine ebraico liturgico, che ancor oggi noi usiamo a suggello delle nostre preghiere, è basato sulla radice verbale che indica la fedeltà nel credere. È il verbo di Abramo che “credette” fidandosi del Dio affidabile e fedele (Genesi 15,6). Si ha, così, un lineamento costante che accomuna i quattro volti presenti nel brano paolino, lineamento espresso con le due parole pistós, “fedele”, e “sì”: Dio, Cristo, l’Apostolo e i cristiani. Il nostro Amen corale è, quindi, il suggello della nostra fedeltà al Dio fedele e al “sì” di Cristo.