LE STELLE SENTINELLE

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Le stelle brillano nelle loro postazioni e gioiscono. Dio le chiama per nome ed esse rispondono: Eccoci! E brillano di gioia per il loro Creatore. (Baruc  3, 34-35)

                              

                        In una notte limpidissima il cielo si trasforma in un manto trapuntato di stelle: lo sguardo si perde tra quei miliardi di astri, di costellazioni, di galassie e nella mente sbocciano pensieri ed emozioni di grandezza e di mistero. Già il Salmista si domandava: «Quando contemplo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cos’è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi?» (Salmo 8, 4-5). Il filosofo tedesco Immanuel Kant, nella pagina finale della Critica della ragion pratica, confessava che «due sono le cose che riempiono sempre l’animo di meraviglia: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me».

                        La stessa scena è tratteggiata in modo originale in un libro un po’ particolare, quello di Baruc, uno scritto deuterocanonico, cioè accolto come ispirato solo dalla Chiesa cattolica e non dall’ebraismo, anche perché a noi è giunto solo in greco. Esso è posto all’insegna del fedele segretario del profeta Geremia, Baruc (“Benedetto”), ed è costituito da differenti sezioni di argomenti disparati. Ora, in una di queste parti – quella che va da 3,9 fino a 4,4 – ci si incontra in un inno che esalta la Sapienza divina. Essa ha la sua manifestazione soprattutto nel «libro dei decreti di Dio, la legge che sussiste in eterno» (4,1), ossia nella Torah, la rivelazione divina scritta nella Bibbia, a partire dai primi cinque libri sacri.

                       Ma la Sapienza si dispiega anche nella magnificenza dell’universo, in particolare attraverso la prima creatura (Genesi 1,3), la luce: «Dio la manda ed essa corre, l’ha chiamata – continua Baruc – ed essa gli obbedisce con tremore» (3,33). Ecco, allora, la contemplazione delle stelle. Esse sono comparate a sentinelle che hanno ricevuto una collocazione precisa nelle immense regioni del cielo: sono le loro varie postazioni. Il Creatore, come un sovrano o un comandante supremo, le passa in rassegna, chiamandole per nome.

                       Esse si mettono quasi sull’attenti e rispondono attestando la loro presenza effettiva: «Eccoci!». E il loro brillare vivido è segno di gioia per l’incarico che hanno ottenuto. Il pensiero corre a un Salmo, il 19, che mette in scena i cieli e l’astro maggiore, il sole: «I cieli narrano la gloria di Dio, l’opera delle sue mani annuncia il firmamento… Là pose una tenda per il sole…» (19, 2.5). Il cosmo non è, quindi, contemplato “romanticamente” per la sua bellezza, ma nella Bibbia è visto sempre come un “creato”, frutto di un progetto, ha un’architettura, un’armonia che ha alla sua genesi il Creatore.

                       Se il compito della scienza è quello di individuare le strutture e le “meccaniche” che reggono l’universo, impegno della teologia è di individuare il significato ultimo e finale e l’Artefice che è alla radice di quelle strutture. Come si legge nel Libro della Sapienza, «dalla grandezza e bellezza delle creature per analogia si contempla il loro Autore» (13,5).