SIETE UNO IN CRISTO GESù
Non c’è Giudeo né Greco, né schiavo né libero né maschio né femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. (Galati 3,28)
È una delle frasi più citate di san Paolo. Anch’egli la considerava così rilevante da ripeterla un’altra volta, con qualche variante, scrivendo ai cristiani della città di Colossi: «Non vi è più Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro, Scita, schiavo, libero, ma Cristo è tutto in tutti» (3,11). Nella nuova umanità redenta, cadono i muri divisori, scompaiono le distinzioni etniche, culturali e sociali, perché tutti convergono verso il cuore dell’unità universale che è Cristo.
Come è noto, la Lettera ai Galati è un po’ come la “prova d’autore” del capolavoro successivo, la Lettera ai Romani. In essa, infatti, si scoprono tutti gli itinerari di pensiero che l’Apostolo poi svilupperà in modo grandioso. Proprio per questa sua essenzialità sintetica, il “Vangelo” di Paolo emerge qui in forma incisiva, ed è per questo che Lutero nel 1531, mentre componeva un commento a questo scritto paolino, curiosamente confessava: «Quella ai Galati è la mia epistoletta a cui mi sono fidanzato», e un esegeta inglese, G. S. Duncan nel 1934 giungeva al punto di definirla come «la Magna Charta del cristianesimo evangelico».
Infatti l’Apostolo, polemizzando – talora anche aspramente – contro coloro che cercavano di proporre una religiosità legata al giudaismo in modo costrittivo, propone la celebre tesi della “giustificazione per la fede”. In un solo versetto (2,16) ribadisce questa tesi per lui capitale ben tre volte: «L’uomo non è giustificato per le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo. Noi dobbiamo credere in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge. Infatti, per le opere della Legge non verrà ma giustificato nessuno».
Il diventare “giusti” (la “giustificazione”), cioè salvati e resi figli adottivi di Dio, non è ottenuto attraverso le nostre opere e i nostri meriti; è un dono che ci viene offerto da Gesù Cristo e che sta a noi accogliere mediante la fede. Il nostro sprofondare nella palude del peccato non è evitato col nostro agitarci per emergere, ma perché Dio ci offre in Cristo un abbraccio che ci estrae dal male. Il battesimo è il momento centrale in cui avviene questa liberazione-giustificazione. Non importa, perciò, né la classe sociale, né il livello culturale, né il colore della pelle, né la storia passata: «quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo» (3,27).
Nel fonte battesimale appare l’uomo nuovo senza distinzioni, classificazioni, separazioni, intimamente unito a Cristo. Si celebra, così, la comune dignità che tutti unisce e che la frase paolina da noi citata esalta con intensità e passione. In questa luce si comprende una proclamazione che troviamo in un testo apocrifo egiziano, noto come il Vangelo di Filippo: «Se dici: “Sono ebreo!”, nessuno si commuove. Se dici: “Sono romano!”, nessuno trema. Se dici: “Sono greco, barbaro, schiavo, libero!”, nessuno si agita. Ma se dico: “Sono cristiano!”, il mondo trema».