NERSĒS E ISACCO DI NINIVE

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Dopo la tempesta si apre nel cielo un arcobaleno multicolore: è un po’ questa l’immagine più adatta per descrivere la straordinaria policromia letteraria e teologica della cristianità d’Oriente, uscita spesso dal grembo oscuro di persecuzioni. Questa volta proponiamo un sondaggio in due ambiti diversi segnati da colori linguistici affascinanti: da un lato, una gloriosa testimonianza di un popolo dalla storia insanguinata, l’armeno, e dall’altro, un classico dell’antica Chiesa siro-orientale. Iniziamo con un autore, Nersēs detto Šnorhali, cioè «ricolmo di grazia», vissuto nel XII secolo, e asceso fino alla carica suprema di Katholicόs, in pratica il papa di tutti gli Armeni.

         Il fondatore ideale di quella Chiesa era stato san Gregorio Illuminatore, vissuto tra il III e il IV secolo, mentre il cantore più alto di quel cristianesimo era stato san Gregorio del monastero di Narek (945-1010), elevato da papa Francesco alla dignità di dottore universale della Chiesa cattolica. Nersēs, ignoto finora in Occidente, viene ora messo sulla ribalta da un mio antico alunno, Matteo Crimella, che oltre ad essere un apprezzato biblista, si rivela esperto anche di questa lingua indoeuropea, documentata a partire dal V secolo, quando sarebbe stato coniato l’alfabeto forse di matrice iraniana, ma basato sul sistema greco.

         A presentare l’opera di questo monaco nella versione italiana è, invece, un mio compagno di studi all’Università Gregoriana, Lévon Boghos Zékiyan, nato a Istanbul nel 1943 e dal 2015 arcivescovo della comunità degli armeni cattolici di quella città (2500 persone), dopo essere vissuto a lungo tra i monaci mechitaristi dell’isola di S. Lazzaro a Venezia, ove era anche docente all’università. La qualità di questo breve itinerario in un orizzonte culturale e spirituale a molti ignoto è, perciò, assicurata e sarà confermata dall’esperienza della lettura del testo (per altro, accompagnato dall’originale armeno a fronte).

         Si tratta di 24 strofe di un’unica grande preghiera, destinata a scandire le ore della giornata ma concretamente segmentata – secondo il suggerimento dello stesso Nersēs – in cinque tappe; il risveglio, il pasto, nel corso del giorno, a sera e prima di coricarsi. Duplice è il filo spirituale che percorre le varie stanze poetiche, la «confessione» di fede nel mistero trinitario divino e la «confessione» delle colpe. Gloria divina e fragilità umana s’intrecciano tra loro, teologia e antropologia sono in contrappunto, spesso echeggiando la Bibbia e la suggestiva liturgia orientale, e invocando quasi litanicamente il Dio misericordioso.

         Crimella alla traduzione fa seguire un ampio commento, strofa per strofa, svelando tutte le iridescenze di un testo, apparentemente semplice, non di rado rimandando alla filigrana della semantica del lessico armeno. La spontaneità delle invocazioni rivela in Nersēs un cuore mistico: «Mio Dio, che apri la tua mano e colmi tutte le creature con la tua misericordia, a te abbandono me stesso. tu prenditi cura e provvedi alle necessità dell’anima e del mio corpo, da ora e fino all’eternità». A margine, come è illustrato in modo accurato nel ritratto disegnato da Crimella, si deve sottolineare che questo vescovo è stato un antesignano del dialogo ecumenico.

         Risalendo nel tempo, dal XII secolo di Nersēs, approdiamo al VII in cui visse l’altro personaggio, il più celebre Isacco di Ninive (o il Siro), anch’egli un emblema di ecumenismo perché è citato, studiato e amato da tutte le Chiese cristiane. Originario del Qatar, fu vescovo di Ninive, la famosa e temuta capitale assira che fronteggia l’attuale Mosul in Iraq, divenuta ai nostri giorni triste protagonista delle imprese infami del cosiddetto «Califfato». Per la prima volta, ad opera di un importante siriacista, Sabino Chialà, vengono tradotti in italiano gli 82 testi ascetici che compongono la prima delle tre collezioni dei discorsi di Isacco a noi giunti.

         I registri e i temi sono variegati e oscillano secondo tipologie mutevoli, passando dal genere del trattato al messaggio epistolare e persino all’interlocuzione tra domanda e risposta, facendo supporre un uditorio di discepoli. Dal siriaco le sue parole sono transitate in tante lingue della cristianità antica e hanno sollecitato l’interesse esegetico di molti studiosi occidentali contemporanei. A questo proposito, con un’ulteriore testimonianza personale, ricordo i vari «Incontri sull’Oriente Cristiano di tradizione siriaca» che si celebravano, quando ne ero il direttore, nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, con la presenza fondamentale di Chialà e il contributo di specialisti di alto livello come S. Brock ed E. Vergani.

         Chi si vorrà affacciare su questo panorama letterario-spirituale piuttosto esteso incontrerà certamente territori pietrosi, piste ramificate, percorsi d’altura, ma anche «dolci insegnamenti», squarci luminosi, costellazioni di virtù come la triade umiltà, preghiera, misericordia. Potrà anche essere tentato di entrare persino nel lessico siriaco articolato dal curatore in una sequenza tematica composta da oltre duecento vocaboli. In finale lasciamo, però, la voce a Isacco: «Il nuotatore se ne resta nudo in mare, finché non ha trovato la perla. Così il monaco sapiente, nudo percorre la creazione per trovare, in se stesso, la perla, Gesù Cristo. E quando l’ha trovata, non cerca di possedere nient’altro insieme ad essa. La perla la si custodisce nelle stanze interne, così la delizia del solitario è nella quiete».

GIANFRANCO RAVASI

Nersēs Šnorhali, Con fede ti confesso, a cura di Matteo Crimella, Qiqajon, pagg. 194, € 20,00.

Isacco di Ninive, Discorsi ascetici. Prima collezione, a cura di Sabino Chialà, Qiqajon, pagg. 767, € 40,00.